Una bellissima riflessione sull’educazione dello sguardo e della mente.
[…] credo che la cosa più importante non sia la tecnica, ma lo sguardo. Prendermi cura del mio sguardo è ciò che mi permette poi di ritrarre le persone non secondo stereotipi o cliché ma restituendo loro un “ascolto con gli occhi” rispettoso e autoriale.
Lo sguardo è nutrito da ciò che guardo (quali fotografe e fotografi, libri, mostre…) ma anche da tutto ciò che alimenta la mia interiorità: le letture, le conversazioni, gli incontri.Facendo ritratti, il soggetto delle mie foto sono persone.
[…] Porto dentro “anagraficamente” una serie di stereotipi patriarcali sulle donne e sugli uomini. Quando ho iniziato a fotografare le persone, mi sono accorto che cercavo di ritrarre le donne secondo uno stereotipo di bellezza e seduzione, gli uomini secondo uno di forza e impenetrabilità. Lo davo per scontato e mi bastava.Poi ho avuto la possibilità di rimettere profondamente in discussione ciò che mi sembrava “naturale”. L’ho fatto soprattutto ascoltando persone più giovani di me, in particolare donne femministe, leggendo libri, articoli, ascoltando podcast, visitando mostre (come per esempio una bellissima sul maschile alle “Rencontres” di Arles).
È stato doloroso. Mi sentivo del tutto inadeguato e superato. Poi, poco alla volta, ho sentito qualcosa cambiare, nuove curiosità nascere, un linguaggio che andava formandosi. Ora quando ho davanti una persona e la sto fotografando sento di essere molto più attento a ciò che lei comunica e molto meno preoccupato di farla aderire a uno stereotipo che ho in mente.
Come sempre, bellissima riflessione di Marco Ragaini tratta da una sua storia Instagram. Se non lo seguite ancora, fatelo perché scrive moltissimi spunti fotografici utili a chi vuole crescere in fotografia.